Educazione
EDUCAZIONE

I tre metodi
Cinofilia significa amore per i cani. Ma allora per quale motivo nell’addestramento del cane si vedono ancora usare metodi coercitivi basati sulla sottomissione del cane? Il motivo, a mio giudizio, va ricercato nella credenza popolare che il cane, in quanto discendente dei lupi, abbia bisogno di un capobranco dominante e che quindi per farsi obbedire e rispettare dal cane sia necessario sottometterlo. In realtà gli etologi che studiano i lupi allo stato brado ci insegnano che, all’interno dei branchi naturali, il capobranco non usa quasi mai la violenza per sottomettere gli altri membri del branco ma, al contrario, sono quasi sempre i membri del branco a comportarsi spontaneamente in modo deferente nei confronti del capobranco in quanto lo riconoscono come l’individuo più competente e capace.
Queste false credenze sui lupi, storicamente hanno portato a sviluppare dei metodi di addestramento basati sulla sottomissione del cane mediante pratiche più o meno violente e cruente; questi metodi tradizionali vengono comunemente definiti METODI COERCITIVI e si basano sull’uso della punizione per addestrare il cane ad attuare dei comportamenti che quest’ultimo deve eseguire in modo meccanico quanto l’uomo dà il relativo comando. Uno dei tanti problemi dei metodi coercitivi è che il cane tende spesso a sviluppare comportamenti aggressivi o fobici in risposta alle violenze subite.
Negli anni ’90, in contrapposizione ai metodi coercitivi, sono nati i così detti METODI GENTILI che si propongono di addestrare il cane senza imporsi con la violenza. Nei metodi gentili, al posto della punizione, si usa molto il rinforzo positivo ossia, invece di punire i comportamenti indesiderati, si premiano i comportamenti che si vogliono incentivare nel cane. Il problema fondamentale dei metodi gentili è che, se da un lato il cane impara a fare quello che vogliamo senza l’uso della violenza, dall’altro però le capacità che si sviluppano nel cane, rimangono limitate all’esecuzione meccanica dei comandi e dei comportamenti che gli sono stati insegnati.

Negli anni 2000 in Italia viene introdotto l’APPROCCIO COGNITIVO-RELAZIONALE, che è quello che uso io.
L’approccio cognitivo-relazionale si basa sul presupposto che il cane è un essere senziente in grado di provare emozioni, pensieri e sentimenti e dotato di una grande intelligenza sociale. Tale assunto si basa sui risultati delle relativamente recenti ricerche degli etologi cognitivi come Mark Beckhoff che dimostrano, senza alcun’ombra di dubbio, che gli animali (ad oggi è stato provato scientificamente solo per i mammiferi e gli uccelli) formulano pensieri e provano emozioni e sentimenti in modo del tutto analogo all’uomo. Purtroppo la diffusione di queste evidenze scientifiche viene tutt’oggi censurata da istituzioni e politicanti, sia per questioni ideologiche e religiose, sia per questioni economiche legate allo sfruttamento animale nelle sue varie forme. Per quanto mi riguarda, sono e sono sempre stato un uomo di scienza e quindi preferisco basare il mio pensiero e il mio agire sulle evidenze scientifiche piuttosto che su credenze religiose o superstizioni popolari. Del resto non serve essere uno scienziato per capire questi concetti; chiunque abbia avuto la fortuna di condividere parte della sua vita con un qualsiasi mammifero come ad esempio un cane o un gatto, ha avuto modo di accertarsi personalmente del fatto che questi animali pensano e provano emozioni e sentimenti in modo analogo alla nostra specie.
Preso atto che il cane ha delle capacità cognitive e una complessa vita emotiva e sociale, il percorso educativo basato sull’approccio cognitivo relazionale, non ha come obiettivo primario quello di insegnare al cane dei semplici comportamenti da eseguire in modo meccanico in seguito ad un comando, ma bensì quello di sviluppare delle competenze che il cane possa usare per comportarsi in modo adeguato in ogni situazione.
Come dici? Ti sembra impossibile? No no invece … è possibile. Bisogna utilizzare i metodi giusti ma è possibile. E’ difficile? … Beh … sicuramente è più complesso rispetto a dare una bastonata al cane ogni volta che fa qualcosa che non ci piace… però questi metodi consentono di avere al tuo fianco un cane sereno, dotato di un adeguato equilibrio mentale. E’ un po' come con nell’educazione dei figli: tu puoi dare una sberla a tuo figlio ogni volta che fa qualcosa che non vuoi; oppure puoi spiegargli le motivazioni per cui quel comportamento non è opportuno e convincerlo che è meglio evitarlo. In entrambi i casi il bambino imparerà a non mettere più in atto quel comportamento con l’unica differenza che nel primo caso il bambino, non appena sarà fuori dal tuo controllo e quindi sarà certo di non prendere sberle, metterà in atto quel comportamento, nel secondo caso invece il bambino non lo metterà in atto perché lui stesso è profondamente convinto che quel comportamento non è opportuno.
I tre metodi

Cinofilia significa amore per i cani. Ma allora per quale motivo nell’addestramento del cane si vedono ancora usare metodi coercitivi basati sulla sottomissione del cane? Il motivo, a mio giudizio, va ricercato nella credenza popolare che il cane, in quanto discendente dei lupi, abbia bisogno di un capobranco dominante e che quindi per farsi obbedire e rispettare dal cane sia necessario sottometterlo. In realtà gli etologi che studiano i lupi allo stato brado ci insegnano che, all’interno dei branchi naturali, il capobranco non usa quasi mai la violenza per sottomettere gli altri membri del branco ma, al contrario, sono quasi sempre i membri del branco a comportarsi spontaneamente in modo deferente nei confronti del capobranco in quanto lo riconoscono come l’individuo più competente e capace.
Queste false credenze sui lupi, storicamente hanno portato a sviluppare dei metodi di addestramento basati sulla sottomissione del cane mediante pratiche più o meno violente e cruente; questi metodi tradizionali vengono comunemente definiti METODI COERCITIVI e si basano sull’uso della punizione per addestrare il cane ad attuare dei comportamenti che quest’ultimo deve eseguire in modo meccanico quanto l’uomo dà il relativo comando. Uno dei tanti problemi dei metodi coercitivi è che il cane tende spesso a sviluppare comportamenti aggressivi o fobici in risposta alle violenze subite.
Negli anni ’90, in contrapposizione ai metodi coercitivi, sono nati i così detti METODI GENTILI che si propongono di addestrare il cane senza imporsi con la violenza. Nei metodi gentili, al posto della punizione, si usa molto il rinforzo positivo ossia, invece di punire i comportamenti indesiderati, si premiano i comportamenti che si vogliono incentivare nel cane. Il problema fondamentale dei metodi gentili è che, se da un lato il cane impara a fare quello che vogliamo senza l’uso della violenza, dall’altro però le capacità che si sviluppano nel cane, rimangono limitate all’esecuzione meccanica dei comandi e dei comportamenti che gli sono stati insegnati.

Negli anni 2000 in Italia viene introdotto l’APPROCCIO COGNITIVO-RELAZIONALE, che è quello che uso io.
L’approccio cognitivo-relazionale si basa sul presupposto che il cane è un essere senziente in grado di provare emozioni, pensieri e sentimenti e dotato di una grande intelligenza sociale. Tale assunto si basa sui risultati delle relativamente recenti ricerche degli etologi cognitivi come Mark Beckhoff che dimostrano, senza alcun’ombra di dubbio, che gli animali (ad oggi è stato provato scientificamente solo per i mammiferi e gli uccelli) formulano pensieri e provano emozioni e sentimenti in modo del tutto analogo all’uomo. Purtroppo la diffusione di queste evidenze scientifiche viene tutt’oggi censurata da istituzioni e politicanti, sia per questioni ideologiche e religiose, sia per questioni economiche legate allo sfruttamento animale nelle sue varie forme. Per quanto mi riguarda, sono e sono sempre stato un uomo di scienza e quindi preferisco basare il mio pensiero e il mio agire sulle evidenze scientifiche piuttosto che su credenze religiose o superstizioni popolari. Del resto non serve essere uno scienziato per capire questi concetti; chiunque abbia avuto la fortuna di condividere parte della sua vita con un qualsiasi mammifero come ad esempio un cane o un gatto, ha avuto modo di accertarsi personalmente del fatto che questi animali pensano e provano emozioni e sentimenti in modo analogo alla nostra specie.
Preso atto che il cane ha delle capacità cognitive e una complessa vita emotiva e sociale, il percorso educativo basato sull’approccio cognitivo relazionale, non ha come obiettivo primario quello di insegnare al cane dei semplici comportamenti da eseguire in modo meccanico in seguito ad un comando, ma bensì quello di sviluppare delle competenze che il cane possa usare per comportarsi in modo adeguato in ogni situazione.
Come dici? Ti sembra impossibile? No no invece … è possibile. Bisogna utilizzare i metodi giusti ma è possibile. E’ difficile? … Beh … sicuramente è più complesso rispetto a dare una bastonata al cane ogni volta che fa qualcosa che non ci piace… però questi metodi consentono di avere al tuo fianco un cane sereno, dotato di un adeguato equilibrio mentale. E’ un po' come con nell’educazione dei figli: tu puoi dare una sberla a tuo figlio ogni volta che fa qualcosa che non vuoi; oppure puoi spiegargli le motivazioni per cui quel comportamento non è opportuno e convincerlo che è meglio evitarlo. In entrambi i casi il bambino imparerà a non mettere più in atto quel comportamento con l’unica differenza che nel primo caso il bambino, non appena sarà fuori dal tuo controllo e quindi sarà certo di non prendere sberle, metterà in atto quel comportamento, nel secondo caso invece il bambino non lo metterà in atto perché lui stesso è profondamente convinto che quel comportamento non è opportuno.